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Il lupo in Tirolo
Uno dei fondi archivistici più utilizzati all’Archivio provinciale di Bolzano sono i libri di archiviazione, ovvero i registri giudiziari risalenti fino al XVI secolo, nei quali venivano annotate in ordine cronologico tutte le questioni trattate dai giudizi tirolesi (procedimenti penali e civili, giurisdizione volontaria). Nel XVII secolo, la funzione dei libri d’archiviazione si restringe sempre più alla giurisdizione volontaria, cioè ai procedimenti di successione e tutela, soprattutto alla stesura di contratti relativi a negozi giuridici tra privati, tra i quali emergono, tra gli altri, i passaggi e i trasferimenti di proprietà di case, masi o altri beni. I libri di archiviazione sono quindi i precursori del catasto e, insieme ai catasti steurali e ai registri parrocchiali, la fonte più importante per la compilazione di una cronaca familiare, domestica e del maso.
Oltre al loro significativo valore come documenti amministrativi, i libri di archiviazione forniscono anche un’ampia gamma di informazioni sulla storia sociale, economica, del diritto e della vita quotidiana. Un esempio che si presta a illustrare ciò è tratto dal libro d’archiviazione di Vandoies di Sotto, anno 1704. Nel “Besitz Einsatz- und Entrichts Vertrag” (contratto di assegnazione e trasferimento di proprietà), che inizia al foglio 57v, ossia un trasferimento di proprietà dal defunto Val[en]tin Hueber, del maso Letter di Fundres, ai suoi figli Margareth, Maria e Georg, non solo apprendiamo tutto ciò che è rilevante circa l’entità del patrimonio, i debiti, i diritti e i doveri in essere così come le condizioni del trasferimento, ma anche le circostanze della morte del testatore:
„Nachdeme vor etlich Jarn der ersamb Valtin Hueber seiner letsten Lebenszeit gewesten Leters in Pfunders Gerichts Nidervintl sessig gewest seligen, welcher neben anndern Nachpern mer, Welf zu suechen gangen und er sich alzuhoch in den Gebürg auf ainen Schroffen begeben, das sodann mit ime ain Schnee Laan angangen, so er darunter khomen und andurch sein Leben ennden miessen […]“
Evidentemente Hueber, insieme ad altri membri della comunità di Fundres, era andato a caccia di lupi in inverno, e nel farlo aveva camminato lungo una parete rocciosa (Schroffen) innescando una valanga, sotto la quale era morto.
Questo breve passaggio getta luce anche sulla pratica della caccia all’epoca. In linea di principio, la caccia era da sempre un diritto dei liberi, ma allo stesso tempo è sempre stata soggetta a limitazioni e divieti, soprattutto a partire dal XV secolo. Queste restrizioni riguardavano sia la caccia ai cosiddetti animali selvatici utili, come cervi, cinghiali e uccelli, ma anche ai predatori, come orsi, linci e lupi, anche se quest’ultimi erano considerati dannosi perché potevano attaccare non solo gli animali selvatici citati, ma anche gli animali domestici e da allevamento e, in casi estremi, persino l’uomo. Per questo motivo, il principe territoriale concedeva eccezioni alle severe leggi sulla caccia. Gli abitanti della Val d’Ultimo, ad esempio, avevano la licenza di cacciare orsi e lupi.
La base giuridica per la gestione pratica della caccia al lupo, sulla quale poteva contare anche il nostro defunto Hueber, era costituita in ultima analisi dalla Tiroler Landesordnung del 1573, che nel libro 4, tit. 15, recitava:
„Die Vnderthanen muegen (so Sy vngeuaerlich auf jren Guetern / Woelff / Beeren vnd Lüchs gewar wurden / oder an schaden befunden) dieselben Fellen vnd Erlegen […]“
Il toponimo “Wolfsgrube” ricorda l’epoca in cui la rimozione dei lupi era opportunamente controllata dalle competenti autorità, quando il supremo maestro di caccia del Tirolo, Fortunat von Wolkenstein-Rodenegg, in un mandato del 1621, ordinò la realizzazione di tali fosse in luoghi adatti. Johann Jakob Staffler scrive circa la presenza dei lupi in Tirolo all’interno della sua opera pubblicata nel 1839 (Tirol und Vorarlberg statistisch, mit geschichtlichen Bemerkungen):
„Der Wolf (Canis lupus), noch schädlicher und grausamer als der Bär, da er sich nur vom Fleische nährt, hat, wie dieser seinen Aufenthalt in den nördlichen und südlichen Schluchten, und vorzüglich im Thale Matsch, die Heimath der Wölfe genannt, in Valsugana und auf dem Nonsberge. Im strengen Winter kommen diese heißhungrigen Thiere nicht selten auf einen überraschenden Besuch bis an die Wohnungen der Menschen, und – würgen den Haushund oder ein anderes unverwahrtes Stück Vieh. Doch zum Glück erscheinen sie in Tirol fast nie in größerer Gesellschaft.“
All’epoca, lo Stato pagava 25 fiorini per l’uccisione di un lupo e 30 fiorini per l’uccisione di una lupa.
Si suppone che il lupo sia stato eradicato da quest’area nel 1852, con un solo esemplare avvistato e ucciso a Mareta nel 1864 e un altro a Funes nel 1896.
Oggi il lupo è di nuovo presente nel nostro territorio non solo fisicamente, ma tuttora anche in alcuni nomi di persone e casati e in alcuni toponimi tirolesi. Si pensi, ad esempio, ai militi di Telfes con l’appellativo Wolf, che erano al servizio dei Welfsberg e vivevano a Wolfsthurn (Mareta). Tracce del lupo si trovano anche nel panorama artistico locale dell’epoca: nelle case di villeggiatura di Braitenberg e Amonn, sul Renon, le decorazioni includono un lupo con una pecora in bocca e una caccia al lupo del XVIII secolo. A Castel Velturno, invece, è rappresentata una caccia al lupo del 1583.
PT
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