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Irredentisti e nuovi poderi per veterani
Dopo l’entrata in guerra del Regno d’Italia contro l’Austria-Ungheria nel maggio 1915, i contrasti nazionali che già da qualche decennio dilaniavano la Contea principesca del Tirolo si acuirono. In particolare, la rivalsa contro gli irredentisti trentini si manifestò in diversi modi. Fra questi rientra la subitanea confisca dei beni di quelli riparati in Italia allo scoppio del conflitto, tanto in Trentino quanto in Bassa Atesina, dove già dagli inizi dell’Ottocento la presenza trentina era assai forte e dove alcuni irredentisti avevano messo piede come proprietari terrieri. Di cosa fare di questi beni, personaggi quali Edgar Meyer, esponente di spicco del Tiroler Volksbund, non avevano dubbi. Già a poche settimane dalla dichiarazione di guerra, dal suo castello presso Vipiteno, egli auspicava che nel Tirolo italiano non solo ci si sbarazzasse finalmente dell’intelligencija di lingua italiana («welsche Intelligenz»), per introdurne una tedesca: proprio a partire da queste proprietà si procedesse anzi all’insediamento nel Tirolo italiano di una robusta popolazione tedesca («kräftige deutsche Grenzbevölkerung») a guardia del confine meridionale («Hochwacht gegen Süden»), così da poter giungere in modo repentino a una rigermanizzazione («Rückverdeutschung») del Trentino, che egli riteneva l’unica soluzione per preservare l’unità del Tirolo. A tal scopo, nel 1916, il Tiroler Volksbund fondava una giunta per la colonizzazione tedesca del Tirolo meridionale (Ausschuss für völkische Belange und deutsche Besiedlung Südtirols), in stretto collegamento con la Vereinigung für Deutsche Siedlung und Wanderung, a sua volta un sodalizio germanico sotto la guida di un esperto in materia, Friedrich von Lindequist (1862-1945). Lo stesso anno, con la collaborazione delle autorità militari austriache, si intraprendevano le prime azioni: come auspicato da Edgar Meyer, si cominciò a progettare la riassegnazione dei poderi confiscati agli irredentisti e in particolare lo si fece partendo dalla zona a sud di Bolzano, a Vadena e a Montagna, ossia esattamente nella zona dove già Meyer nel 1915 aveva suggerito di cominciare. Si iniziò così con la ridefinizione delle unità agricole che poi sarebbero state assegnate – una volta vinta la guerra – a reduci di lingua tedesca, al fine di costituire un valido baluardo contro la progressiva italianizzazione dei dintorni di Bolzano («und durch eine deutsche Kolonisation ein Bollwerk gegen die immer mehr um sich greifende Verwelschung des deutschen Teiles von Süd-Tirol, insbesondere der Umgebung der Stadt Bozen»). Tale piano di colonizzazione in Bassa Atesina, con lo scopo dichiarato di riconquistare alla lingua tedesca quelle porzioni di territorio passate da circa un secolo in mano a possidenti di lingua italiana, fu deciso da un’assemblea convocata il 24 maggio 1916 dalle autorità militari. Alla riunione presenziarono anche l’arciduca Eugenio, responsabile del fronte tirolese, una gran serie di personalità di rilievo della Bolzano del tempo e una folta rappresentanza di deputati della Dieta tirolese, di cui purtroppo non furono protocollati i nomi. La guerra, come noto, finì tuttavia diversamente e un’opera analoga, questa volta in favore di reduci e possidenti italiani, verrà più tardi attuata in Alto Adige attraverso l’Ente nazionale Tre Venezie, questa volta sfruttando beni confiscati a cittadini germanici e austriaci. Del progetto discusso a Bolzano nel 1916 restano tuttavia il protocollo da cui sono tratti i passaggi sopra citati, la documentazione catastale a suo tempo raccolta e le mappe realizzate dagli agrimensori. Fra le proprietà, si voglia notare, rientravano maso Thaler a Gleno, di Ettore Tolomei, e i due poderi al Castello e Masetta a Vadena, di Riccardo Ferrari, dei quali qui si riproduce la mappa con il piano di suddivisione.
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