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Legionario/Legionario ferito

Rappresentazione frontale di un uomo ripreso fino alle ginocchia con il braccio destro sostenuto da una benda che gli passa dietro al collo. La mano sinistra è appoggiata ad un tavolo. Lo sfondo si presenta neutro, ma in origine sopra la spalla sinistra dell'uomo comparivano una bandiera riportante il nome di Mussolini ed altri oggetti che si rifacevano alla retorica fascista, successivamente coperti dall'artista stessa. L'opera è firmata con l'niziale ed il cognome dell'autrice in basso a destra, dove compare anche l'indicazione dell'anno di realizzazione secondo il calendario fascista, ma sia il cognome, sia l'anno sono parzialmente coperti da una strisicia di colore bianco, dovuta al successivo intervento di Tullia Socin sulla tavola.

Denominazione oggetto:
dipinto
Numero d'inventario:
D-060
Autore:
Socin, Tullia
Data:
1938
Tecnica:
dipinto (olio)
Istituzione:
Fondazione Socin
Dimensioni:
altezza 139 cm, larghezza 104 cm
Note storico-critiche:
Assieme a "Giovani italiane", "Il legionario ferito" è presentato da Tullia Socin alle concorso dedicato alle opere che rappresentano "lo spirito e gli eventi del tempo di Mussolini" in occasione dell'VIII Biennale di Bolzano del 1938. Sullo sfondo della tavola, successivamente rimaneggiata, era presente anche un gagliardetto riportante il nome di Mussolini e il motto "A noi". Premiata con la medaglia d'argento del ministero dell'Educazione Nazionale - e acquistata dal Comune di Bolzano - l'opera era una delle diciotto selezionate tra quelle proposte al concorso e riproposte a palazzo Venezia a Roma. Ampiamente riprodotta sia sulla stampa locale sia su quella nazionale (ad esempio su "Il lavoro fascista", "Il Popolo d'Italia", "La Provincia di Bolzano", "Athesia Augusta"), "Il legionario ferito" è uno dei lavori di Tullia Socin che ottiene maggiore fortuna critica, anche grazie all'ampia copertura mediatica della mostra bolzanina e della sua parziale riproposizione a Roma. In particolare Bruno Cerdonio su "La Provincia di Bolzano" afferma: "Più evoluta e più franca ci sembra nel "Legionario ferito". È l'opera classica, per dir così, dell'esposizione. L'aspetto solo del combattente rivela la sua duplice fisionomia, la sua gloria di soldato che ritorna ferito dopo aver combattuto in due campagne . Per cui quegli elementi aggiunti risultano troppo decorativi". Per quanto i lavori direttamente collegati a tematiche di carattere propagandistico siano una componente minoritaria della produzione degni anni trenta di Tullia Socin, opere come "Il legionario ferito" o "Medaglia alla memoria" - che cita quasi puntualmente l'affresco di Ardengo Soffici "La processione" del 1933, esposto alla Biennale di Venezia dell'anno successivo - sono esemplificative di una ricerca di aderenza alle direttive del regime che, negli anni della guerra di Spagna e della proclamazione dell'impero, esercitava una sempre maggiore ingerenza in ambito culturale e artistico (A.Zinelli, G.Tamassia, "Tullia Socin Enrico Carmassi", Milano: Skira, 2017).

 

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