Buone pratiche

Qui troverete i progetti di integrazione e inclusione che hanno avuto successo in Alto Adige, ma anche a livello nazionale ed europeo. L'obiettivo è quello di condividere queste importanti esperienze in modo che possano essere adottate anche altrove. In questo modo è possibile sfruttare le sinergie e risparmiare tempo e costi.

Il Servizio di coordinamento per l’integrazione fornisce un sostegno finanziario e informativo alle organizzazioni che intendono avviare azioni e progetti finalizzati all’integrazione dei nuovi cittadini e delle nuove cittadine e alla sensibilizzazione della popolazione autoctona.

Altri esempi di buona pratica sono presenti alla pagina "Migrazione e alfabetizzazione".

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Lavoratori stranieri in Alto Adige, uno studio tra problemi e opportunità

Oltre la metà delle imprese altoatesine ha al proprio interno lavoratori stranieri, i quali spesso risultano sottoinquadrati e non sono in possesso delle necessarie capacità linguistiche. I dati emergono da uno studio realizzato da Apollis su incarico della Provincia e presentato questa mattina (19 marzo) dall'assessore Philipp Achammer.

L'assessore provinciale Philipp Achammer alla presentazione della ricerca (Foto USP/Dejaco)

Una forza lavoro preparata ma ancora debole dal punto di vista linguistico e della familiarità con usi e costumi locali. Un mondo imprenditoriale relativamente aperto all'introduzione di manodopera straniera nei propri organici, ma che necessita dell'appoggio delle istituzioni pubbliche per agevolare i lavoratori immigrati nel processo di adattamento alla realtà altoatesina. Questo il quadro che emerge dalle oltre 300 interviste effettuate da Apollis, su incarico della Provincia di Bolzano, nell'ambito di un progetto di ricerca cofinanziato dal Fondo sociale europeo. Il 62%  delle imprese consultate (l'87% nel settore alberghiero) hanno affermato di avere personale straniero nel proprio organico, ma pur possedendo spesso titoli di studio più alti, la manodopera straniera assume solitamente mansioni poco qualificate.

Le cose, però, stanno cambiando: un'azienda su cinque con personale straniero offre a questa categoria posizioni di responsabilità, e la percentuale cresce sino ad arrivare al 30%, nelle aziende di maggiori dimensioni. Tra i problemi legati al "sottoinquadramento" c'è la mancanza di una rete solida di relazioni e la predilezione per i canali informali rispetto ai sistemi istituzionali di incontro fra domanda e offerta di lavoro. Dal punto di vista delle imprese, il lavoratore straniero non rappresenta solo una necessità per far fronte a condizioni di flessibilità, visto che il 40% degli intervistati riconosce che il loro ingresso in azienda ha portato nuove capacità, maggiore creatività e un clima più positivo.

Non mancano, ovviamente, i punti di criticità, che vengono solitamente affrontati con iniziative ad hoc che, se lasciate alla lungimiranza dei singoli datori di lavoro, rischiano di rimanere isolate. Ed è proprio su questo punto che gli intervistati chiedono l'intervento della mano pubblica, chiamata a creare un vero e proprio sistema per adeguare la manodopera straniera agli standard del mercato del lavoro locale. "Il nostro obiettivo - ha commentato l'assessore all'integrazione Philipp Achammer - è quello di costruire le condizioni di base affinchè gli stranieri possano portare tutte le loro capacità nel mercato del lavoro. Questo studio presenta la situazione dal punto di vista degli imprenditori, ora si tratta di analizzare e capire quali sono i problemi principali e impegnarsi a fondo per trovare le soluzioni più efficaci".

Lo studio ha anche elaborato una "road map" con una serie di misure riguardanti mediazione al lavoro, formazione continua, riconoscimento dei titoli di studio, promozione professionale e coordinamento delle politiche di integrazione.

mb

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