Testimoni raccontano
Johannes Noisternigg: „Assieme ce la faremo“
Johannes Noisternigg, nato nel 1935 a Merano, dopo il liceo e il seminario a Trento è stato ordinato sacerdote nel 1961. Cooperatore a Castelrotto e Bolzano,
nel 1974 viene nominato parroco di Terlano e dal 1989 è decano della parrocchia del duomo di Bolzano.
Abitavo a Merano – ripercorre gli anni della guerra il decano del duomo di Bolzano, Johannes Noisternigg – mio padre era tornato dal fronte e fu fatto prigioniero. Della fine del conflitto ricordo il ritorno del soldati, le vivaci discussioni sul possibile futuro della nostra terra, la distruzione, l’emergenza e la povertà, ma anche una grande solidarietà tra le persone, i colloqui, la volontà di incontrarsi malgrado le tensioni. Improvvisamente molto era cambiato.“
Nel 1946, un anno decisivo per il futuro dell’Alto Adige, il giovane chierichetto Johannes Noisternigg accettò con entusiasmo l’invito del suo padrino a partecipare alla processione per i 150 della festa del Sacro Cuore. „La celebrazione del 30 giugno a Bolzano fu preparata dalle parrocchie e i vescovi delle due diocesi, Karl von Ferrari per l’Arcidiocesi di Trento, alla quale apparteneva Bolzano, e Johannes Geisler di Bressanone, avevano lanciato un appello per una grande partecipazione di fedeli“, ricorda il decano Noisternigg. „Già il viaggio con la locomotiva a vapore fu per me un evento. Il treno era pieno, ad ogni fermata salivano decine di persone, in costume e con gli strumenti musicali.“
Giunta a Bolzano, la fiumana di gente si diresse verso piazza Walther passando tra le rovine del centro bombardato. „Le migliaia di persone – racconta Noisternigg – esprimevano la loro emozione con silenzio e compostezza. Era soprattutto gente semplice segnata da privazioni: optanti e Dableiber, reduci di guerra, contadini. Provenivano da tutta la provincia, persino da Cortina e dalla val di Fassa. Erano presenti il prefetto e il sindaco, ma non fu pronunciata una sola parola in italiano. Naturalmente si percepiva il senso di unità e la voglia di compattezza della comunità: siamo un popolo, assieme ce la faremo.“ Vista con gli occhi di oggi, la festa di quel 30 giugno 1946 significò soprattutto questo, secondo Noisternigg, „mentre nei decenni successivi la partecipazione alla vita religiosa è diventata una scelta personale.“